A ognuno di noi capita di sperimentare a volte uno stato di ansia: quando un potenziale pericolo si affaccia nella nostra quotidianità il nostro sistema di allarme innato si attiva e ci informa di ciò che sta accadendo inviando segnali come l’agitazione psico-motoria, la difficoltà di concentrazione, uno stato di preoccupazione che può arrivare ai sintomi fisici come sudorazione, tremolii e tachicardia. Quando possiamo considerare patologica questa attivazione e cosa possiamo fare per gestirla meglio?
In primo luogo è fondamentale un’analisi del contesto: se dobbiamo superare un esame o affrontare una prova considereremo questa attivazione non solo normale ma opportuna in quanto l’ansia mette in moto le nostre energie rendendole disponibili per il nostro corpo e la nostra mente. Se però questa attivazione supera una certa soglia, o non ci è chiaro il motivo per cui è scattata, la nostra possibilità di utilizzare l’energia messa a disposizione dal sistema viene meno e anzi l’ansia stessa diventa la fonte della preoccupazione e si avvia un circolo vizioso per il quale più percepiamo l’ansia, più ci preoccupiamo e alimentiamo il circuito in una spirale che può arrivare a farci temere la perdita del controllo proprio del vero attacco di panico.
Come possiamo interrompere questa spirale e riuscire a contenere l’ansia all’interno di una soglia funzionale e adattiva al compito che siamo chiamati a svolgere? Esistono numerose tecniche che consentono di controllare il grado di attivazione del nostro sistema di allarme , le più semplici da imparare ed utilizzare si basano sulla respirazione grazie ad un collegamento neurovegetativo che lega il nostro diaframma al centro encefalico responsabile della risposta ansiosa. E’ possibile quindi apprendere tecniche respiratorie che rilassando il muscolo diaframmatico inviano al centro nervoso dell’ansia input inibitori che sortiscono una diminuzione dell’attivazione e un recuperato senso di calma e controllo di sé. Le tecniche di mindfulness sono largamente utilizzate nel campo della respirazione ma non si limitano a queste in quanto è considerato “mindful” un particolare stato della mente caratterizzato dall’osservazione aperta, curiosa, equanime. Per apprendere le tecniche respiratorie e di mindfulness ci si può rivolgere ad uno psicoterapeuta che dopo una valutazione diagnostica può proporre il percorso più opportuno.
Un aspetto particolarmente rilevante è che può accadere che dall’analisi del contesto non ci appaia chiaro il motivo per il quale il nostro sistema di allarme si è attivato e lo stato di ansia ci assale apparentemente immotivato, “come un fulmine a ciel sereno”. Parlando con un esperto si può arrivare a capire quale sia lo stimolo scatenante: tutti i nostri sistemi psico-biologici si sviluppano attraverso processi di apprendimento che iniziano dalla nascita e la nostra consapevolezza riguarda solo un limitato numero di processi che avvengono al nostro interno. Non ci deve stupire il fatto che l’ansia possa scattare per un motivo che non ci appare evidente come non ci stupisce il fatto che non siamo consapevoli del perché ad un certo punto ci scatta l’appetito, il sonno o la noia. Come possiamo apprendere a controllare meglio l’appetito così accade per l’ansia e attraverso una ricostruzione storica e semiotica della storia individuale è anche possibile arrivare a capire come abbiamo appreso certi meccanismi di risposta.
3 Comments
Grazie mi è stato molto utile cambiare il punto di vista sull’ansia ed avere d la possibilità di usare i mezzi citati nell’articolo per superarla. Guarderò alla mia ansia con più rispetto d’ora in poi.
Grazie
Molto interessante e dalle enormi potenzialità nella vita quotidiana.
Pochi sanno riconoscere le situazioni di ansia (ad esempio in ambito lavorativo) e la nascondo dietro comportamenti aggressivi.
Brava Michela!
Informazioni chiare espresse con grande competenza. Grazie!!!