La depressione è anche chiamata “il male del secolo” perché i dati epidemiologici sono in crescita e collocano questa patologia ai primi posti per diffusione nella popolazione generale: cerchiamo però di introdurre qualche importante distinzione in merito a questo termine, a volte abusato nel senso comune, e di capire in quali casi sia opportuno chiedere una consulenza psicologica.
E’ capitato a tutti di sentirsi a volte “con le pile scariche”: una mancanza di energia vitale che può accompagnarsi a un’emozione di tristezza e a pensieri negativisti relativi a sé o al futuro (ad es. “non sono capace” o “la vita non riserva che brutte sorprese”). Questo stato depressivo può seguire un insuccesso scolastico o lavorativo, come ad es. una bocciatura a scuola o una “lavata di capo” dal nostro superiore, o un litigio con una persona cara e si tratta di una reazione del tutto normale. Il senso di disvalore del se o della vita e la frustrazione e/o tristezza sono funzionali a una messa in discussione di noi stessi, a capire dove abbiamo sbagliato e a programmare azioni diverse, per non ripetere la medesima e spiacevole esperienza.
Parliamo invece di depressione reattiva quando l’evento scatenante lo stato depressivo coincide con una perdita importante: tipicamente un lutto ma anche, ad es. il trasferimento in un’altra città, la perdita del lavoro, una grave malattia, più in generale un cambiamento repentino delle nostre condizioni di vita. Anche la depressione reattiva è del tutto normale in quanto il nostro “sistema di elaborazione delle informazioni” necessita di un tempo per adattarsi a delle mutate condizioni esterne abbandonando vecchi schemi ed elaborandone di nuovi, funzionali alla nuova situazione.
Sia nel caso dello stato depressivo che della depressione reattiva è il fattore tempo a determinare la patogenicità della condizione essendo lo stato depressivo transitorio e la depressione reattiva di media durata (è opinione diffusa in clinica che una normale elaborazione del lutto possa impiegare fino a due anni di tempo per compiersi).
In entrambi i casi la depressione è sempre foriera di cambiamento ed è la sua cronicizzazione a risultare disfunzionale: il nostro sistema di elaborazione delle informazioni risulta per qualche motivo “bloccato” e la persona depressa clinicamente permane in una prostrazione esistenziale da cui non riesce a vedere la via d’uscita. Il percorso terapeutico con uno specialista, dopo un’accurata diagnosi, consente di riconoscere dove la persona è bloccata e perché e, attraverso quest’analisi, costruisce la strada per la transizione verso il cambiamento. La fase diagnostica è di primaria importanza nel caso della depressione perché le forme più gravi coinvolgono i sistemi neuroendocrini e possono motivare il clinico ad affiancare al percorso psicoterapico una cura farmacologica adeguata.