L’EMDR trova applicazione anche a quella classe eterogenea e ampia di disturbi noti come “disturbi alimentari” caratterizzati cioè “….da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale” (cit. DSM 5).
Il comportamento alimentare si struttura nel corso della primissima infanzia all’interno della cornice relazionale del neonato con il suo caregiver. La rappresentazione di questa interazione viene immagazzinata nelle reti neurali del neonato insieme a molte altre rappresentazioni di interazioni andando a formare i cosiddetti MOI (modelli operativi interni, la cui concettualizzazione dobbiamo a J. Bowlby). I modelli operativi interni andranno a costituire il sistema di attaccamento del bambino, osservabile già a un anno di età, che potrà essere di diversi tipi: sicuro, insicuro-ambivalente, insicuro-evitante, insicuro-disorganizzato. Daniel Stern ha sottolineato come una caratteristica fondamentale di una buona interazione tra il neonato e il suo care giver sia la sintonizzazione emotiva ossia la funzione materna di interpretare correttamente i segnali comunicativi non verbali del neonato modulando la sua risposta su questi. Più la relazione sarà sintonica più il sistema di attaccamento si organizzerà in direzione della sicurezza: un care giver attento ed empatico fonderà, nella mente del bambino, l’immagine di un “mondo sicuro” dove l’espressione dei suoi bisogni è colta e correttamente interpretata e una immagine di sé come amabile, adeguato, sicuro. Quando invece il care giver fallisce la sintonia emotiva (perché, ad es., più centrato sui suoi bisogni che su quelli del neonato o perché è confuso o distante emotivamente) e questa esperienza si ripete in maniera sistematica nel corso dell’infanzia il neonato finisce per interiorizzare dei MOI che struttureranno sistemi di attaccamento insicuro, ambivalenti, evitanti o disorganizzati, in cui il mondo esterno è percepito come insicuro, perché non rispondente ai suoi bisogni, e il Sé percepito come indegno, svilito, insicuro.
Il disturbo alimentare va dunque inquadrato nella cornice relazionale ed evolutiva dell’individuo (o del bambino se emerge nel corso dell’infanzia): ipotizziamo che venga trasferito sul cibo una dinamica che era relazionale un tempo e che è divenuta intrapsichica con il procedere dello sviluppo. Il cibo si presta egregiamente a rappresentare metaforicamente altri tipi di “nutrimento”, di matrice emotiva, e il rapporto che l’individuo struttura con i propri bisogni ha a che fare con la “cura di sé” e quindi, ancora, con il sistema di attaccamento.
Cosa c’entra l’EMDR che è un metodo di trattamento dei traumi?
Il fallimento della sintonia emotiva sperimentato nel corso dell’infanzia in modo sistematico e ripetuto è definito in psicotraumatologia un trauma “t”, ossia di natura relazionale, come possono essere altre esperienze vissute al di fuori della famiglia (ad es. esperienze di bullismo). L’EMDR può essere utilizzato anche per elaborare traumi relazionali relativi all’attaccamento: ristabilire una connessione con quelle aree ferite del sé che fondano gli attuali comportamenti sintomatici rappresenta una esperienza “riparatrice”, terapeutica, che può aprire le porte a nuovi equilibri intrapsichici e relazionali caratterizzati da un rinnovato amor proprio.