La relazione di coppia attraversa fasi diverse tra loro e il litigio non va considerato di per se stesso un disvalore anzi spesso il confronto attivo consente di chiarire le reciproche posizioni, capirsi meglio e trovare delle soluzioni ai dissensi che inevitabilmente emergono con il tempo. Quand’è allora che il conflitto nella coppia deve preoccuparci e motivarci alla ricerca dell’aiuto del professionista?
La prima fase di vita di una coppia è quella dell’incontro: due individui si innamorano sulla base di una scelta che è largamente inconscia sebbene si possano verbalizzare alcuni aspetti dell’altro che abbiamo considerato attraenti. Difficilmente il conflitto emergerà in questa fase che è altresì caratterizzata dall’appagamento reciproco e da una buona dose di mutua idealizzazione. Già dopo i primi mesi di conoscenza cominceranno ad emergere gli specifici stili relazionali di ciascuno e si accede alla fase della formazione della coppia: il momento iniziale della conquista dell’altro lascia il posto ad una conoscenza più approfondita, ciascuno sente di potersi mostrare anche negli aspetti che considera meno desiderabili ed attraenti. In questa fase “agiremo” all’interno della coppia i modelli relazionali che abbiamo appreso nel corso della nostra vita: dall’attaccamento, ossia la relazione primaria avuta con le nostre figure di accudimento nell’infanzia, ai modelli che abbiamo appreso per imitazione come la relazione tra i nostri genitori o altre coppie significative della nostra vita. Il conflitto può emergere in questa fase ed essere un utile strumento di confronto e conoscenza: ci si può sentire delusi o feriti dal comportamento del partner che “non immaginavamo fosse fatto così”. E’ importante a questo punto esplicitare i propri vissuti nell’ottica di far conoscere il proprio punto di vista e conoscere meglio l’altro. Questo punto è molto importante: non si può evitare il litigio ma è fondamentale che questo non si limiti ad uno scambio aggressivo ma lasci anche qualcosa di positivo in termini di reciproca conoscenza. Il litigio ripetuto, cronicizzato e sterile lascia un vissuto di frustrazione per la sensazione di non essere riusciti a capirsi l’un l’altro.
Con la nascita dei figli la conflittualità può spostarsi sul piano della genitorialità e laddove vi siano temi conflittuali cronicizzati e sterili c’è il rischio di coinvolgere involontariamente i figli che si sentiranno chiamati a sedare gli animi, a proteggere il genitore percepito come più debole e che tenteranno in ogni modo di trovare loro una soluzione al problema dei genitori. Molti comportamenti sintomatici dei bambini sono inquadrabili in questa cornice di significato relazionale.
Ecco dunque la risposta che cercavamo: non è tanto la presenza del litigio a giustificare il ricorso al professionista in quanto il litigio è un aspetto normale, funzionale e vitale di una relazione. Anzi, la totale assenza del litigio in una coppia può essere il segnale di una distanza relazionale eccessiva, una sorta di “guerra fredda” sentita come disfunzionale da un membro della diade o dai figli. E’ la qualità dei vissuti ad indicarci l’opportunità di chiedere il parere dell’esperto: se vi sentite infelici e frustrati, se sentite che ci sono temi irrisolti nella relazione di coppia che nonostante i frequenti litigi non si modificano nel tempo, allora può essere utile riferirsi ad un “terzo esterno” che saprà mediare la conflittualità, mettere in luce i collegamenti tra questa e la storia individuale e quindi aprire la relazione a nuove e inaspettate soluzioni.