All’epifania del compimento del secondo anno di pandemia siamo nelle condizioni di fare alcune considerazioni sull’impatto di questo trauma collettivo sulla salute mentale.
Alla luce dei molti dati raccolti dalle agenzie che si occupano di salute mentale (come ad es. gli ordini professionali degli psicologi sia a livello nazionale che regionale o altri progetti universitari od ospedalieri) possiamo ad oggi affermare quello che era fin troppo facile aspettarsi e cioè che a due anni dall’inizio della pandemia la salute mentale degli italiani è stata colpita in maniera significativa evidenziando un aumento rilevante di patologie depressive, di tipo ansioso, di natura compulsivo-ossessiva. Anche i disturbi alimentari e i disturbi correlati all’abuso di sostanze o alle dipendenze comportamentali sono in significativo aumento e ci sono alcune categorie di persone che sono state più duramente interessate dal fenomeno e, in particolare:
coloro i quali già prima della pandemia soffrivano di difficoltà psichiche o emotive e il cui delicato equilibrio è naufragato sotto l’ondata pandemica.
Gli anziani, che sanno di essere particolarmente a rischio se contraggono il virus, e per i quali la misura dell’isolamento sociale può coincidere con una condizione di solitudine insostenibile: non lavorando più, gli anziani vivono più di altri l’importanza delle relazioni familiari e si trovano spesso a dover rinunciare, per prudenza, agli aspetti più vitali di questa fase di vita, come ad es. godere della compagnia dei nipoti o partecipare alle “riunioni familiari”. Inoltre un anziano isolato e immobile in casa rischia di perdere velocemente le capacità sia motorie che cognitive necessarie all’autonomia e che in questa fase di vita sono molto legate ad un costante esercizio.
Gli adolescenti, che meritano una speciale considerazione visto che si tratta della nostra prossima futura generazione. L’adolescenza è, di per sè, una fase critica, “a rischio” dicono gli esperti, in quanto gli adolescenti affrontano una delle sfide evolutive più pregnanti: il venir meno delle certezze legate alla fase precedente, quella dell’infanzia, e il compito di costruirsi una “nuova identità”, foriera di quella adulta, basata su modelli e scelte sentiti come personali e come tali discontinui rispetto alle “eredità familiari”. Il punto che vorrei mettere in luce qui è che questo processo, assai complesso evidentemente, si fonda su una dinamica fondamentale che è quella che si instaura tra l’adolescente e il gruppo dei pari. E’ attraverso la relazione con il gruppo dei pari che l’adolescente “mette alla prova” la propria identità ed esplora nuove modalità del Sè ed è dal gruppo dei pari che l’adolescente trae il nutrimento emotivo necessario alla crescita della sua nuova identità. Capiamo quindi che la misura dell’isolamento sociale, negativo per tutti perchè ci sottrae una fonte di rassicurazione e sostegno fondamentale proprio per affrontare l’incertezza legata alla pandemia, per gli adolescenti rischia di minare alla base quello che è il processo di crescita, aumentando di molti gradi i fattori di rischio legati alla fragilità di questa fase di vita.Speciale attenzione pertanto va riservata a queste categorie al fine di mitigare, anche attraverso percorsi di cura e prevenzione, gli effetti avversi legati al protrarsi della pandemia.