Sentiamo spesso parlare di empatia: una “relazione empatica”, una “persona empatica”, nel senso comune il concetto di empatia è noto come il “sapersi mettere nei panni dell’altro” e nel campo terapeutico si è sempre scritto molto sull’empatia e le sue proprietà terapeutiche ma oggi arriva dalle neuroscienze una convalida del tutto nuova a questo concetto che sembrava appartenere al campo impalpabile della relazione e che invece oggi sappiamo poggiare su un substrato neuronale, organico e pienamente materiale.
E’ del 1992 e ad opera di Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato italiano, una scoperta che ha esaltato gli psicologi e tutti quelli che pur conoscendo gli effetti terapeutici dell’empatia si sono sempre scontrati con una qualità “inafferrabile” di questo concetto: si tratta dei neuroni specchio, ossia uno specifico substrato neurale che risponde nello stesso modo sia quando si compie un’azione (o si prova un’emozione) sia quando si osserva la medesima azione o emozione in un altro individuo. Il meccanismo di azione dei neuroni specchio è ancora in fase di studio e la ricerca in questo campo sembra suggerire che essi si “accendano” in conseguenza della intenzione che percepiamo nella persona con cui siamo in relazione e abbiano a che fare quindi con l’interpretazione del significato emotivo del comportamento altrui, includendo la mimica facciale e posturale. In altre parole i neuroni specchio interverrebbero nella costruzione di quella che alcuni autori chiamano “teoria della mente” , quella teoria implicita cioè che ci guida nella attribuzione delle intenzioni e degli stati emotivi altrui. Si chiamano “specchio” perché sembra che riproducano la stessa sequenza osservata nell’interlocutore, come se si trattasse appunto di uno specchio, creandone una rappresentazione interna. La suggestione che questo modus operandi dei neuroni specchio sia collegabile al vissuto, tipico della “partecipazione empatica”, di “mettersi nei panni dell’altro” è diretta e speriamo che la ricerca nel campo delle neuroscienze continui a dare riscontro in questo senso.
Le conseguenze di questo ragionamento ricadono anche nell’ambito della relazione terapeutica che si configurerebbe come strumento efficace di modificazione della teoria della mente del paziente proprio attraverso la partecipazione empatica del terapeuta e grazie anche all’azione dei neuroni specchio.